Le guerre sono il nostro fallimento di civiltà
23 Agosto 2024Un titolo ambizioso in un momento grave come quello che stiamo vivendo in Europa e nel Mediterraneo: felici di lavorare per la pace.
Schierarsi per la pace, a priori: esperienze di vita e azioni concrete. Chi ce lo fa fare? L’AGESCI ha invitato due donne di altissimo livello per un tema così complesso e urgente, la giornalista e scrittrice Paola Caridi, che ha vissuto per 15 anni tra Gerusalemme e Il Cairo, e la responsabile comunicazione di Emergency Simonetta Gola, moglie del fondatore Gino Strada.
“Soprattutto nell’ultimo anno – ha detto Paola Caridi – non è possibile per noi giornalisti vedere la guerra e testimoniarla. Sono stati uccisi oltre 170 giornalisti palestinesi di Gaza, e sono solo loro al momento che posso raccontarla. E secondo me basta il loro racconto della realtà, visto che subiscono in prima persona. Ci stanno insegnando un modo di fare giornalismo che noi non conosciamo, perché non viviamo quel tipo di situazione. È un giornalismo “da pronto soccorso”, d’emergenza, in cui sei giornalista, vittima e testimone nello stesso tempo. Noi ci ammantiamo di una distanza, di una neutralità dai fatti, loro ci sono dentro completamente.
Parlare oggi di felicità rispetto a Gaza è davvero difficile. Stiamo negando la felicità ai palestinesi. E la stiamo negando nei fatti. Eppure io vedo da tanti anni mancare una storia di quel che accade. È una storia di guerre, sì, ma è una storia di popoli, di comunità, di terre e di alberi, che noi abbiamo guardato come se fosse “la storia di altri”. La sensazione che ho avuto vivendo per dieci anni a Gerusalemme, è di una cecità italiana ed europea nei confronti di quello che stava succedendo in quello che – con termine coloniale – continuiamo a chiamare Medio-Oriente. Guardandolo come qualcosa di molto lontano, di altro da sé, in cui noi non entravamo per nulla. Come se tutto quel che succedeva non ci sarebbe poi ritornato attraverso il Mediterraneo, nelle ondate migratorie e non solo.
Non credo che ci sentiamo felici nemmeno noi di fronte a questo. E allora c’è bisogno di rompere il silenzio.
Ci tengo a citare proprio questa come chiamata ad attivarci, l’ultima poesia di Refaat Alareer, intellettuale e poeta palestinese, professore di inglese ucciso nel dicembre 2023 da un bombardamento mirato di Israele. Va detto che, non a caso, tutte le università di Gaza sono state bombardate da droni israeliani, che individuano bersagli servendosi dell’intelligenza artificiale, tra le altre cose…
Se dovessi morire,
tu devi vivere
per raccontare
la mia storia…
(…)
Se dovessi morire,
fa che porti speranza
fa che sia un racconto!
Fa che sia un racconto, questa frase dice quello che manca e dice anche quel che si puó fare in questo silenzio in cui ci sentiamo a disagio. La mancanza di un racconto sulle vite e le morti rende possibile là mattanza in corso, che si possa bombardare qualunque luogo safe e di assistenza primaria. L’unica cosa è rompere il silenzio”.
Simonetta Gola ha mostrato in visione esclusiva il video artistico realizzato per i 30 anni di Emergency, con la voce e le parole penetranti di Gino Strada. Basta guardare e non voltarsi dall’altra parte, riecheggiano le sue parole. “La guerra moderna fa vittime soprattutto civili, fenomeno iniziato con la seconda guerra mondiale, e che si deve alla nascita del bombardamento aereo. Si colpisce la vita della gente, come arma. Si opera la scelta consapevole che le persone comuni non sono più un effetto collaterale, ma un obiettivo strategico. Gino Strada ha dedicato la sua vita e la sua attività a Palestina, Jibouti, Cambogia, Iraq… e aveva a cuore specialmente l’Afghanistan. Io sono tornata lì a luglio di quest’anno. In questo paese il nostro blocco occidentale ha fatto 20 anni di guerra e 241 mila morti. Per lasciare una situazione ancora peggiore di prima. Abbiamo il coraggio di dirci che queste guerre sono stati fallimenti assoluti? Gino proponeva una rivoluzione culturale umana globale, che ci porti finalmente – come un tempo si è arrivati ad abolire la schiavitù – ha svoltare epoca e decidere di abolire la guerra”.
Non è forse una strada maestra per seminare felicità nei luoghi che più la bramano?