Prendersi cura del bene comune, in ogni circostanza
24 Agosto 2024Non è per nulla astratto il bene comune il cui concetto è contenuto nell’art. 3 della Costituzione italiana che afferma l’unicità della persona. Oggi occorre assumere in maniera comunitaria la responsabilità per costruire il bene di tutti. È questa l’idea espressa da Elena Bonetti, che dal servizio educativo nell’AGESCI è passata all’impegno in politica.
Una visione miope porta a credere che il bene della persona consista nella sua realizzazione, mentre occorre incarnare la felicità in terra, concretizzando un bene generativo. È quel che avviene con la scelta della Partenza, maturata all’interno di una comunità dove ci si allena a prendersi cura dell’altro. L’impegno in politica per Bonetti dovrebbe portare a contribuire a elaborare leggi in grado di attivare processi di assunzione di responsabilità nei confronti degli altri, non tanto a rispondere a bisogni soggettivi.
La cura e la custodia a cui educa lo scautismo sono più simili al parto, al lasciar andare: educare è un atto generativo. Per don Milani il maestro vede negli occhi il futuro. La vera felicità deve continuamente rinnovarsi nello sguardo davanti a noi.
Bonetti ha ricordato ai capi scout che la politica è una responsabilità giocata nella forma dell’agire: c’è un nesso tra servizio e politica, nella dimensione dell’avvenire, nella direzione della felicità, della speranza, di un futuro di cui ci facciamo carico. C’è un “noi” a cui come scout ci sentiamo di contribuire. Gli articoli 3 e 4 della Costituzione italiana ribadiscono la necessità di concorrere, cioè “contribuire” al progresso materiale e spirituale della società. È questa la vocazione del cristiano nella storia: dare ragione della speranza e prendersi cura in ogni circostanza del bene comune. In altre parole è il concetto di felicità espresso da Baden-Powell e in sintesi il messaggio cristiano del dare la vita per gli altri. La vera pienezza si compie nel generare la felicità dell’altro, nel riconoscere l’altro diverso da me.
Servono leggi che permettano alle persone di poter partecipare a realizzare il bene comune. Il diritto della persona deve essere collocato nel dimensione sociale. Ne consegue che o le riforme sono di tutti o non sono riforme che fanno fare dei passi avanti.
Nel suo intervento Alberto Pellai ha fatto riferimento al pensiero di Maslow richiamando in particolare i bisogni di appartenenza, autostima (ho un valore e mi riconosco) autorealizzazione (divento la persona che voglio essere). La libertà va educata così che l’educando cresca competente, responsabile e relazionale.
Il momento di massima fragilità evolutiva si verifica intorno 10-15 anni: il cervello è pieno di emozioni e si avverte il bisogno assoluto di fare quello che si vuole. È un potenziale esplosivo che il ragazzo/a non è in grado di regolare da sé. L’educatore è chiamato ad accompagnare, a fornire un contesto in cui l’educando si può muovere, canalizzare, nutrire, allenare, così che il potenziale presente si trasformi in responsabilità.
Per questo Pellai ha sottolineato l’importanza di non considerare mai i bambini un ingombro e lasciarli dentro la propria stanza. È urgente far sì che siano attivi, protagonisti, affrontino le sfide. In questo senso il metodo scout non ha età, perché è modellato sui bisogni di ogni bambino/a e ragazzo/a.
Stefano Venturini, Incaricato nazionale alla Branca L/C, ha richiamato come dal punto di vista metodologico la proposta scout nelle varie fasi evolutive educhi al bene comune, il senso della libertà. La forza della comunità sta nelle dimensioni di custodia, gratuità, alterità. Gli educatori dovrebbero poter camminare con i più piccoli, accompagnandoli nel cammino di crescita fondendo i due obiettivi dell’educazione scout: imparare a essere buon cittadino e buon cristiano.